Descrizione
Pieve Fosciana
Le oscure origini.
Il toponimo ”Fosciana” ha origini romane ed è attribuibile ad un latifondista di nome Fuscus, verosimilmente proprietario della superficie agraria che oggi si chiama Piano della Pieve, allora invece Campus Fuscianus od anche Fusciana.
Finora nessun ritrovamento archeologico può fare luce sull’abitato romano della Pieve ma il fatto che nell’alto Medioevo questo venga contrassegnato dal toponimo Basilica, fa supporre l’esistenza qui di un centro amministrativo o giudiziario romano. Questo, significativamente, sarebbe sorto non solo in un luogo pianeggiante, ma anche lungo uno dei più importanti itinerari per raggiungere la Padania attraverso il passo delle Radici.
La Pieve alto-medievale
Le pievi furono i luoghi da cui partì la diffusione del Cristianesimo nei territori rurali, dove si riunivano i credenti (plebs christiana, da cui plebes, pieve per l’appunto) e dove avveniva l’amministrazione dei sacramenti. Anche dopo l’erezione delle chiese minori (parrocchie) le pievi conservarono a lungo due elementi caratterizzanti: il fonte battesimale ed il cimitero, quindi la prerogativa di amministrare il battesimo e la sepoltura al popolo dei fedeli.
Il documento più antico che si riferisce alla nostra pieve risale al 764. Allora era dedicata a S. Cassiano (si intitolerà a S. Giovanni Battista quasi tre secoli dopo) ed era retta dal pievano Gunduald, un longobardo. Gunduald che fondò anche la chiesa privata di S. Maria nel vicino villaggio di Campori (Campulus, cioè il lembo estremo del Campus Fuscianus), faceva parte di un esteso gruppo familiare con un notevole patrimonio. Dalla documentazione che li riguarda si evince che i Longobardi erano stanziati soprattutto nella zona fra Pieve e Castiglione con lo scopo di controllare la strada per il valico di San Pellegrino. A poco a poco questi invasori di stirpe germanica si fusero con la popolazione locale ma tracce della loro lingua sopravvivono nella nostra parlata locale.
La Pieve basso-medievale
Risale all’anno 952 il primo elenco dei centri abitati che facevano capo alla pieve di Fosciana: il territorio plebanale era molto vasto, esteso sulla sinistra del Serchio da Sillicagnana a Migliano e sulla destra da Sillicano a Fiattone. A partire da questo periodo si ebbe la nascita dei castelli espressione di potere delle varie signorie locali della Garfagnana: Campori, vicino alla Pieve, documentato nel 957 è castello di fondazione vescovile.
Alla pieve, nel luglio 1105, si trovò la celebre contessa Matilde di Toscana (meglio nota come Matilde di Canossa): non stupisce la sua presenza se pensiamo che la nostra pieve si trovava lungo il percorso ”matildico” di collegamento fra i possedimenti canossani nella Valle del Serchio e quelli delle giurisdizioni di Modena e Reggio.
Con la fine del XII secolo iniziarono a decadere i poteri signorili e di pari passo si affermarono i liberi comuni: nel 1185 Fosciana, con Castiglione e Ceserana sono di fatto indicati come comuni. Alla fine del Duecento le realtà comunali sono ovunque diffuse e le nuove regole, garantendo l’uso collettivo dei pascoli e dei boschi, favorirono lo sviluppo dell’economia silvo-pastorale. Contestualmente si ebbe l’espansione del dominio di Lucca sull’intera Garfagnana.
Nel Trecento tutti i paesi erano ormai dotati di una propria chiesa e progressivamente si svincolarono dalla chiesa madre ottenendo la facoltà di amministrare il battesimo. Ma ancora alla fine del secolo i vari comuni della Garfagnana furono obbligati dal vescovo di Lucca a concorrere alla riparazione dell’edificio della Pieve di S. Giovanni.
I secoli della dominazione estense
Nel 1429 Pieve Fosciana, seguendo l’esempio di Sillico e Bargecchia, decise di entrare sotto il Dominio estense, staccandosi dalla Repubblica di Lucca e interrompendo i suoi legami con Castiglione che al contrario era rimasto fedele a questa città.
Sotto gli Estensi si ebbero secoli di stabilità politica; il Piano della Pieve, pianeggiante e fertile come pochi altri casi in Garfagnana, era intensamente coltivato, quindi l’agricoltura costituiva la base dell’economia del paese; scambi commerciali si intrattenevano soprattutto con la vicina Emilia per mezzo della strada di S. Pellegrino.
A metà del Settecento il paese venne attraversato dalla nuova via Vandelli che, partendo da Modena valicava l’Appennino dal Passo di San Pellegrino, risaliva l’alta valle del Serchio e dopo aver attraversato le Alpi Apuane dal Passo della Tambura, giungeva a Massa. In occasione della realizzazione di questo tracciato, voluto dal duca Francesco III di Modena, in paese venne lastricata la via centrale ed intonacate ed imbiancate le case che vi si affacciavano.
Ai primi dell’Ottocento, in epoca napoleonica, al comune di Pieve Fosciana vengono accorpati quelli minori di Sillico, Bargecchia e Pontecosi.
Verso l’Unità d’Italia. Il patriottismo e il primo tricolore
Nel 1831, in occasione dei moti liberali guidati a Modena da Ciro Menotti, alcuni Pievarini vicini a quegli ambienti si sollevarono contro gli austro-estensi e nella notte tra il 5 e il 6 febbraio esposero dal terrazzo dell’abitazione di Giovanni Battista Tognarelli (in via S. Giovanni, 29), principale animatore della piccola rivolta della Pieve, la bandiera tricolore. Fu questa la prima che sventolò in Garfagnana per la causa italiana. La sollevazione però durò solo tre giorni: per punizione il comune venne soppresso dal duca Francesco IV e unito a Castelnuovo fino al 1837; i capi della rivolta vennero esiliati e fu imposta una multa pesantissima. Nel 1848 alcuni compaesani combatterono a Curtatone e Montanara e così si impegnarono in altre guerre d’indipendenza fino all’Unità d’Italia. Solo nel 1859, a unificazione nazionale raggiunta, la bandiera tricolore, rimasta fino ad allora nascosta, poté tornare liberamente a sventolare alla Pieve.
I bombardamenti della seconda Guerra Mondiale
Gli ultimi mesi del conflitto furono i più duri per la Pieve che venne a trovarsi nell’immediata retrovia della Linea Gotica. Nell’estate del ’44 il paese fu occupato dalla Flack (contraerea tedesca) e subì molti bombardamenti: particolarmente duro fu quello del 28 dicembre 1944 condotto da 12 cacciabombardieri americani. La popolazione visse sfollata sui monti vicini ma pochi mesi più tardi, il 20 aprile 1945, finalmente si ebbe la liberazione.
La storia più recente
Nel Dopoguerra, sanati i gravi danni bellici, riprende la vita del paese all’insegna della rottura con la sua millenaria tradizione agricola: il Piano della Pieve viene progressivamente abbandonato, le coltivazioni tradizionali decadono e in luogo di esse si fa sempre più spazio una disordinata espansione edilizia.
Continua l’emigrazione iniziata già nella seconda metà dell’Ottocento e fino agli anni ’50 molti pievarini si stabiliscono soprattutto in Brasile e in Argentina.
Mentre le frazioni più elevate (Sillico, Capraia e Bargecchia) si spopolano sempre più, il capoluogo e le due frazioni poste nel piano o nelle sue immediate vicinanze (Pontardeto e Pontecosi) conoscono un costante incremento demografico ed edilizio. Alcune industrie e molte piccole o medie imprese a carattere prevalentemente artigiano e commerciale, sorte nella periferia (Loc. Pantaline, Biubbi, via del Bagno), negli ultimi anni hanno portato al paese una certa vivacità economica.